‘’Il vino non si beve soltanto, si annusa, si osserva,
si gusta, si sorseggia e… se ne parla.’’ Cit. Edoardo VII, Re del Regno Unito (1841 – 1910)
‘’One doesn’t just drink wine, one noses it, looks at it, tastes it, sips it... and talks about it.’’
Edward VII, King of United Kingdom (1841 – 1910)
PARLIAMO DI BAROLO
Il vino Barolo prende il nome dalla nobile famiglia Falletti, marchesi di Barolo,
che ne iniziarono la produzione nei loro vigneti agli inizi del XIX secolo.
Si racconta che un giorno la marchesa Falletti offrì al re Carlo Alberto, 300 carrà di Barolo, perché il Re aveva espresso il desiderio di assaggiare quel “suo nuovo vino”; l’omaggio passò alla storia: le carrà erano infatti botti da trasporto su carro, della capacità di circa 600 litri.
Carlo Alberto rimase così entusiasta del vino avuto in dono che decise di comprare la tenuta di Verduno per potervi avviare una sua produzione personale.
La storia di questo vino come marchio di fabbrica comincia con un matrimonio, quello dell’ultimo Marchese Faletti di Barolo con la sposa Giulietta Colbert di Monlevriere a Parigi, un matrimonio combinato da Napoleone. Il salotto della marchesa di Barolo a Torino era il luogo dove i Savoia facevano la diplomazia. Cavour era di casa,mentre Silvio Pellico morì nel palazzo dei Barolo . Questo vino era già vino delle mense nobili, Giulietta lo fece conoscere nelle corti europee.
Il Barolo allora si chiamava nebbiolo vecchio, di prima o seconda qualità.
L’invecchiamento del Barolo avveniva a Palazzo Barolo a Torino e non qui a Barolo. A metà ottocento in cascina, la proprietà era coltivata in modo misto: vigneto, frutteto, pascolo, noccioleto, zootecnia, cereali, e il bosco. I filari si coltivano distanti, in mezzo ai filari c’erano i cereali, le fave.
La marchesa muore nel 1864, senza eredi.
Tutte le proprietà passarono ad un ente morale che aveva possibilità di vendere per alimentare le opere di beneficenza di cui l’ente si occupava:, collegi per orfane, primi asili infantili, le carceri. Le proprietà si polverizzarono.
Tutto fu difficile per molti decenni a causa della prima guerra mondiale e dell’arrivo della fillossera nel 1930 che vi restò fino al dopo guerra distruggendo tutte le viti.
Si salvarono solo quelle nei conventi, nelle grange e nelle abbazie.
Dopo la ripresa, questo vino ritorna ad essere rispettato ed ottiene nel 1966 la DOC e nel 1980 la DOCG.
Venne riconosciuto al concorso di Vienna nel 1873 come vino tra i più prestigiosi dell’epoca con 7 medaglie d’oro. Inoltre, molto importante è stato anche l’anno 1934 con la nascita del Consorzio dei vini tipici di Barolo e Barbaresco con il compito di difendere questi due vini.
Camillo Benso Conte di Cavour ebbe il merito di aver fatto arrivare in zona un famoso enologo francese per “costruire” un vino secco, importante, “alla moda di Bordeaux”. Il risultato trovò un immediato riscontro presso Casa Savoia e presso le corti di tutta Europa.
Il Barolo è apprezzato per la cultura, la tradizione e il duro lavoro che ha in sè: grazie all’alta qualità, questo prodotto mantiene la presenza sul mercato, ottiene ulteriori consensi e riscuote conferme d’immagine oltre che di gradimento in campo nazionale ed internazionale.
Oggi quella del Barolo è la denominazione italiana di maggior pregio e i due castelli che hanno visto la sua nascita, quello dei Marchesi di Barolo, e quello del conte di Cavour, sono sedi di importanti enoteche. Esso si produce con uve di Nebbiolo, e ancora oggi, al di fuori della zona d’origine del Barolo, nelle Langhe prende il nome di Nebbiolo d’Alba e di Langhe Nebbiolo.
Questo pregiato vino è definito “Re dei Vini e Vino da Re”.
Da: I Nobili della Massetta
si gusta, si sorseggia e… se ne parla.’’ Cit. Edoardo VII, Re del Regno Unito (1841 – 1910)
‘’One doesn’t just drink wine, one noses it, looks at it, tastes it, sips it... and talks about it.’’
Edward VII, King of United Kingdom (1841 – 1910)
PARLIAMO DI BAROLO
Il vino Barolo prende il nome dalla nobile famiglia Falletti, marchesi di Barolo,
che ne iniziarono la produzione nei loro vigneti agli inizi del XIX secolo.
Si racconta che un giorno la marchesa Falletti offrì al re Carlo Alberto, 300 carrà di Barolo, perché il Re aveva espresso il desiderio di assaggiare quel “suo nuovo vino”; l’omaggio passò alla storia: le carrà erano infatti botti da trasporto su carro, della capacità di circa 600 litri.
Carlo Alberto rimase così entusiasta del vino avuto in dono che decise di comprare la tenuta di Verduno per potervi avviare una sua produzione personale.
La storia di questo vino come marchio di fabbrica comincia con un matrimonio, quello dell’ultimo Marchese Faletti di Barolo con la sposa Giulietta Colbert di Monlevriere a Parigi, un matrimonio combinato da Napoleone. Il salotto della marchesa di Barolo a Torino era il luogo dove i Savoia facevano la diplomazia. Cavour era di casa,mentre Silvio Pellico morì nel palazzo dei Barolo . Questo vino era già vino delle mense nobili, Giulietta lo fece conoscere nelle corti europee.
Il Barolo allora si chiamava nebbiolo vecchio, di prima o seconda qualità.
L’invecchiamento del Barolo avveniva a Palazzo Barolo a Torino e non qui a Barolo. A metà ottocento in cascina, la proprietà era coltivata in modo misto: vigneto, frutteto, pascolo, noccioleto, zootecnia, cereali, e il bosco. I filari si coltivano distanti, in mezzo ai filari c’erano i cereali, le fave.
La marchesa muore nel 1864, senza eredi.
Tutte le proprietà passarono ad un ente morale che aveva possibilità di vendere per alimentare le opere di beneficenza di cui l’ente si occupava:, collegi per orfane, primi asili infantili, le carceri. Le proprietà si polverizzarono.
Tutto fu difficile per molti decenni a causa della prima guerra mondiale e dell’arrivo della fillossera nel 1930 che vi restò fino al dopo guerra distruggendo tutte le viti.
Si salvarono solo quelle nei conventi, nelle grange e nelle abbazie.
Dopo la ripresa, questo vino ritorna ad essere rispettato ed ottiene nel 1966 la DOC e nel 1980 la DOCG.
Venne riconosciuto al concorso di Vienna nel 1873 come vino tra i più prestigiosi dell’epoca con 7 medaglie d’oro. Inoltre, molto importante è stato anche l’anno 1934 con la nascita del Consorzio dei vini tipici di Barolo e Barbaresco con il compito di difendere questi due vini.
Camillo Benso Conte di Cavour ebbe il merito di aver fatto arrivare in zona un famoso enologo francese per “costruire” un vino secco, importante, “alla moda di Bordeaux”. Il risultato trovò un immediato riscontro presso Casa Savoia e presso le corti di tutta Europa.
Il Barolo è apprezzato per la cultura, la tradizione e il duro lavoro che ha in sè: grazie all’alta qualità, questo prodotto mantiene la presenza sul mercato, ottiene ulteriori consensi e riscuote conferme d’immagine oltre che di gradimento in campo nazionale ed internazionale.
Oggi quella del Barolo è la denominazione italiana di maggior pregio e i due castelli che hanno visto la sua nascita, quello dei Marchesi di Barolo, e quello del conte di Cavour, sono sedi di importanti enoteche. Esso si produce con uve di Nebbiolo, e ancora oggi, al di fuori della zona d’origine del Barolo, nelle Langhe prende il nome di Nebbiolo d’Alba e di Langhe Nebbiolo.
Questo pregiato vino è definito “Re dei Vini e Vino da Re”.
Da: I Nobili della Massetta