Visualizzazione post con etichetta pasticceria. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta pasticceria. Mostra tutti i post

martedì 28 aprile 2020

Colomba con glassa

Ingredienti:
g. 550 di farina manitoba

  • ml. 50 di latte
  • g. 20 di lievito di birra fresco
  • ml. 140 di acqua tiepida
  • g. 150 di burro a temperatura ambiente
  • g. 150 di zucchero semolato
  • g. 5 di sale
  • 2 uova grandi
  • g. 70 di canditi d'arancio o cedro ( op.gocce di cioccolato fondente)
Per l'aroma:

  • 2 cucchiai di Marsala
  • 1 scorza di limone
  • 1 scorza di arancia
  • 1 baccello di vaniglia ( i semi)
  • Per la glassa:
  • g. 30 di albume d'uovo
  • g. 75 di zucchero semolato
  • 20 di mandorle con la pelle
  • 1 cucchiaio di liquore amaretto (facoltativo)
  • granella di zucchero q.b.
  • mandorle intere per decorare qb
  • *(op. glassate con cioccolato fondente sciolto a bagnomaria +
granella di zucchero)
Tempo Preparazione:
120 Minuti
Tempo Cottura:
45 Minuti
Tempo Riposo:
5 ore di lievitazione
Dosi:
1 Colomba da 1kg
Difficoltà:
Per esperti
Come preparare la colomba pasquale fatta in casa

  • Primo impasto:

In una ciotola stemperate in 50 gr di latte tiepido il lievito.
Aggiungete 50 g. di farina di manitoba e mescolate il tutto.
Coprite con la pellicola per alimenti e lasciate lievitare il tutto al caldo per almeno 1 ora fino al raddoppio del volume dell’impasto.

  • Secondo impasto:

Fate sgonfiare il primo impasto lievitato mescolandolo con una spatola.
Aggiungete 140 ml. d’acqua tiepida e 100 g. di farina manitoba.
Mescolate bene il tutto, coprite e lasciate lievitare ancora per un’ora al caldo fino al raddoppio.

  • Terzo impasto:

Riponete ora l’impasto lievitato nella ciotola dell’impastatrice.
Aggiungete 50 g. di zucchero e 150 g. di farina.
Azionate l’impastatore e fate incordare l’impasto all’apposito gancio.
Impastate per almeno 3 minuti.
Aggiungete poi 50 g. di burro morbido a dadini poco per volta.
Fate incordare l’impasto al gancio e impastate fino a quando non avrete ottenuto un impasto elastico.
Riponetelo in una ciotola, copritelo con un telo e lasciatelo lievitare fino al raddoppio per 60 – 90 minuti circa.

  • Quarto impasto:

Una volta lievitato, riponete l’impasto nella ciotola dell’impastatrice assieme a 250 g. di farina manitoba e lo zucchero rimasto (100 g.).
Azionate il macchinario e fate assorbire le polveri all’impasto.
Aggiungete poi, una per volta, le uova intere sgusciate attendendo che la prima venga assorbita dall’impasto prima di aggiungere la seconda.
Nel frattempo in una ciotola preparate l’aroma mescolando il vino dolce assieme alla scorza di arancia e limone e assieme ai semi di una bacca di vaniglia.
Aggiungete ora il burro rimasto (100 g.) a pezzettini e a temperatura ambiente poco per volta.
Ultimate aggiungendo il sale e gli aromi.
Impastate per 10' fino a quando il composto della colomba pasquale non si incorderà al gancio e apparirà morbido ed elastico.
Riponetelo quindi in una ciotola, copritelo e fatelo lievitare per 1 ora fino al raddoppio.
Rovesciate l’impasto lievitato sulla spianatoia e allargatelo con le mani.
Distribuite i canditi sull’impasto e incominciate e lavorarlo energicamente in modo da distribuire i canditi su tutto l’impasto.
Fate una palla, riponetela in una ciotola e fatela lievitare la coperto per almeno 1 ora fino al raddoppio.
Rovesciate l’impasto lievitato sulla spianatoia e dividetelo a metà.
Dividete una parte ancora a metà e formate 3 salsicciotti: uno più grande (il corpo della colomba) e 2 più piccoli (le ali).
Riponete le 3 parti in uno stampo per colomba da 1 kg.
Coprite e fate lievitare la colomba fino a quando non mancheranno 2 cm all’impasto per raggiungere il bordo dello stampo.
Preparate la glassa:
Col mixer frullate lo zucchero assieme alle mandorle fino ad ottenere una polvere fina.
Montate l’albume aggiungendo poco per volta la polvere appena ottenuta.
Montate il tutto con le fruste per 5 minuti.
Aggiungete alla fine il liquore all’amaretto e mescolate.
Scaldate il forno a 180 °C in modalità statico.
Una volta lievitata, spalmate la superficie della colomba pasquale con la glassa a base d’albume.
Decoratela con mandorle e granella di zucchero.
Cuocetela in forno caldo e, nei primi 20 minuti di cottura, aprite la porta del forno ogni 5' per qualche secondo in modo da far uscire il vapore.
Proseguite poi la cottura per altri 20' abbassando la temperatura a 160 °C.
Una volta cotta, fate raffreddare la colomba su una gratella oppure potete farla raffreddare a testa in giù, in posizione sollevata servendovi degli appositi ferri, come quelli usati per il panettone.
Questa colomba conserva la sua morbidezza per 3 -4 giorni se conservata in un sacchetto ermetico di plastica.

martedì 12 novembre 2013

Torta di formaggio con albicocche e uvetta

La torta è suddivisa in quattro strati:
1) pasta frolla g. 500 circa
2) confettura di albicocche q.b.
3) ripieno col formaggio
4) meringa al cocco

Ingredienti per il ripieno:

  • g. 350 di formaggio spalmabile
  • g. 60 di zucchero
  • g. 100 di panna da cucina
  • g. 30 di farina di cocco
  • g. 30 di farina 00
  • 3 uova piccole
  • g. 100 di albicocche secche
  • g. 50 di uvetta sultanina
Ingredienti per la meringa al cocco:
  • g. 100 di zucchero
  • g. 50 di albume di uovo
  • g. 40 di farina di cocco
  • g. 30 di acqua
Preparazione:
Per il ripieno:
Miscelate il formaggio con lo zucchero, la panna, la farina 00, 
la farina di cocco e le uova sbattute in precedenza, 
poi l'uvetta (ammollata e strizzata), 
le albicocche tritate.

Per la meringa:
Portate a bollore l'acqua con lo zucchero a 121°.
Montate a neve gli albumi e uniteli allo sciroppo con la farina di cocco.

Procedimento:
Foderate una teglia con la pasta frolla, 
stendervi un sottile strato di confettura di albicocche.
Versatevi tutto il ripieno, livellate e ponete in forno per 60 minuti a 160°/170°
Decorate con la meringa al cocco.


giovedì 8 novembre 2012

Le ricette dell'Artusi (pasticceria dal n. 559 al n. 636)

Le ricette dell'Artusi che riguardano la Pasticceria
sono numerate da n. 559 al n. 636


Per trovare le ricette, digitare nello spazio ricerca
''n.    Artusi''

n.  559 Strudel                      
n.  560 Presnitz                      
n.  561 Kugelhupf                             
n.  562 Krapfen II                        
n.  563 Savarin                    
n.  564 Gateau  a la noisette            
n.  565 Babà                        
n.  566 Sfogliata di marzapane                           
n.  567 Budino di nocciuole (avellane)  
n.  568 Biscotti croccanti I                             
n.  569 Biscotti croccanti II                                  
n.  570 Bastoncelli croccanti                               
n.  571 Biscotti teneri                              
n.  572 Biscotti di famiglia                     
n.  573 Biscotti della salute                               
n.  574 Biscotto alla sultana                  
n.  575 Brioches                                                     
n.  576 Pasta margherita                                      
n.  577 Torta mantovana                      
n.  578 Torta ricciolina I               
n.  579 Torta ricciolina II             
n.  580 Torta frangipane                    
n.  581 Torta alla marengo                            
n.  582 Torta coi pinoli                       
n.  583 Torta svizzera                               
n.  584 Bocca di dama I                   
n.  585 Bocca di dama II                           
n.  586 Dolce alla napoletana                         
n.  587 Dolce tedesco                          
n.  588 Pasta genovese                
n.  589 Pasta frolla                    
n.  590 Paste di farina gialla I                          
n.  591 Paste di farina gialla II                             
n.  592 Gialletti I                     
n.  593 Gialletti II                     
n.  594 Roschetti                    
n.  595 Cenci                       
n.  596 Stiacciata coi siccioli                    
n.  597 Stiacciata unta                         
n.  598 Stiacciata alla livornese              
n.  599 Pane di spagna                                   
n.  600 Biscotto                                
n.  601 Biscotto di cioccolata                       
n.  602 Focaccia coi siccioli                       
n.  603 Focaccia alla tedesca                                          
n.  604 Panettone Marietta                                  
n.  605 Pane bolognese                                              
n.  606 Ciambelle ossia buccellati I                          
n.  607 Ciambella ossia buccellati II                  
n.  608 Pasta maddalena                       
n.  609 Pizza alla napoletana                     
n.  610 Pizza gravida                  
n.  611 Quattro quari all'inglese                  
n.  612 Quattro quarti all'italiana                  
n.  613 Dolce di mandorle                       
n.  614 Offeelle di marmellata          
n.  615 Offelle di marzapane           
n.  616 Crostate            
n.  617 Croccante                  
n.  618 Salame inglese            
n.  619 Cavallucci di siena                 
n.  620 Ricciarelli di siena                      
n.  621 Cialdoni                  
n.  622 Fave alla romana         
n.  623 Cotognata                   
n.  624 Tortelli di ceci                   
n.  625 Focaccia alla portoghese              
n.  626 Amaretti I                 
n.  627 Amaretti II                  
n.  628 Pasticcini di marzapane                          
n.  629 Pasticcini di semolino                         
n.  630 Pasticcini di riso                                
n.  631 Pasticcini di pasta beignet              
n.  632 Brigidini                                      
n.  633 DOolce di chiare d'uovo                         
n.  634 Pastine pel the                      
n.  635 Lingue di gatto             
n.  636 Pane di sabbia                

lunedì 6 febbraio 2012

Pane di sabbia (Artusi n. 636)


Anche il pane di sabbia è un dolce tedesco, così chiamato perché si sfarina in bocca come la sabbia e però si usa servirlo col the che lo rende più piacevole al gusto. 
Non vi spaventate nel sentire che per manipolarlo occorrono due ore di lavorazione non interrotta in luogo riparato da correnti d'aria, girando il mestolo sempre per un verso. 
Le signore, che sono di natura pazienti e quelle particolarmente che si dilettano d'improvvisare dolci, non si sgomenteranno per questo, se si procurano l'aiuto di due braccia robuste.

Burro fresco, grammi 185.
Zucchero a velo, grammi 185.
Farina di riso, grammi 125.
Farina d'amido, grammi 125.
Farina di patate, grammi 60.
Uova, n. 4.
L'agro di un quarto di limone.
Cognac, una cucchiaiate.
Bicarbonato di soda, un cucchiaino.
Odore di vainiglia.

La farina d'amido non è altro che l'amido comune di buona qualità ridotto in polvere fine.
Lavorate prima il burro da solo, poi aggiungete i rossi ad uno ad uno, girando il mestolo sempre per un verso; indi versate lo zucchero, poi il cognac e l'agro di limone; dopo le farine e, per ultimo, il bicarbonato di soda e le chiare montate; ma di quest'ultime versatene prima due cucchiaiate per rammorbidire il composto, e mescolate adagio il restante. 

Versate il composto in una teglia proporzionata, unta col burro e spolverizzata di zucchero a velo e farina, e cuocetelo in forno o nel forno da campagna, a moderato calore. 
Un'ora di cottura potrà bastare. 

Lingue di gatto (Artusi n. 635)


Sono pastine pel the, tolte da una ricetta venuta da Parigi.

Burro, grammi 100.
Zucchero bianco a velo, grammi 100.
Farina d'Ungheria, grammi 100.
Una chiara d'uovo.

Ponete in un vaso il burro così naturale e cominciate a dimenarlo col mestolo; poi versateci lo zucchero, indi la farina e per ultimo la chiara d'uovo, lavorando sempre il composto per ridurlo una pasta omogenea. 

Ponetela nella siringa con un disco di buco rotondo o quadro della grandezza di circa un centimetro, e spingetela in una teglia, unta leggermente col burro, in forma di pezzetti lunghi un dito, tenendoli radi perché, squagliandosi, allargano. 
Cuoceteli al forno da campagna a moderato calore. 
Con questa dose ne otterrete una cinquantina.

Pastine pel the (Artusi n. 634)


Mistress Wood, un'amabile signora inglese, avendomi offerto un the con pastine fatte con le sue proprie mani, ebbe la cortesia, rara nei cuochi pretenzionosi, di darmi la ricetta che vi descrivo, dopo averla messa alla prova.

Farina d'Ungheria o finissima, grammi 440.
Farina di patate, grammi 160.
Zucchero a velo, grammi 160
Burro, grammi 160.
Due chiare d'uovo.
Latte tiepido, quanto basta.

Formate un monticello sulla spianatoia con le due farine e lo zucchero mescolati insieme. 

Fategli una buca in mezzo, collocateci le chiare e il burro a pezzetti e, colla lama di un coltello prima e con le mani dopo, servendovi del latte, intridetelo e lavoratelo mezz'ora circa per ottenere un pastone piuttosto tenero. 
Tiratelo col matterello in una sfoglia della grossezza di uno scudo, tagliatela a dischi rotondi, come quello del n. 7, bucherellateli con le punte di una forchetta e cuoceteli al forno o al forno da campagna in una teglia unta col burro. 
Con sola mezza dose della ricetta se ne ottengono assai.

Dolce di chiare d'uovo (Artusi n. 633)


Se avete d'occasione delle chiare d'uovo, che non sappiate come consumare, potreste fare un dolce nel seguente modo, che riesce buono.

Chiare d'uovo, n. 8 o 9.
Farina d'Ungheria, grammi 300.
Zucchero a velo, grammi 150.
Burro, grammi 150.
Uva sultanina, grammi 100.
Cremor di tartaro, grammi 10.
Bicarbonato di soda, grammi 5.
Odore di zucchero vanigliato.

Montate le chiare e versate nelle medesime la farina e lo zucchero; mescolate e poi aggiungete il burro liquefatto. 

Quando il composto sarà tutto unito aggiungete le polveri e per ultimo l'uva. 
Versate il composto in una teglia unta col burro e spolverizzata di zucchero a velo e farina, ove il dolce riesca alto almeno due dita, cuocetelo al forno o al forno da campagna e servitelo diaccio.

Brigidini (Artusi n. 632)


Un dolce o meglio un trastullo speciale alla Toscana ove trovasi a tutte le fiere e feste di campagna e lo si vede cuocere in pubblico nelle forme da cialde.

Uova, n. 2.
Zucchero, grammi 120.
Anaci, grammi 10.
Sale, una presa.
Farina, quanto basta.

Fatene una pasta piuttosto soda, lavoratela colle mani sulla spianatoia e formatene delle pallottole grosse quanto una piccola noce. 

Ponetele alla stiaccia nel ferro da cialde a una debita distanza l'una dall'altra e, voltando di qua e di là il ferro sopra il fornello ardente con fiamma di legna, levatele quando avranno preso colore.

Pasticcini di pasta beignet (Artusi n.631)


Acqua, grammi 150.
Farina, grammi 100,
Burro, grammi 10.
Uova, n. 3 e un rosso.
Sale, quanto basta.

Quando bolle l'acqua versate la farina tutta a un tratto e, rimestando subito, aggiungete il burro e tenetela sul fuoco per 10 minuti, seguitando sempre a rimestaria. Deve riuscire una pasta dura che distenderete alla grossezza di un dito e pesterete nel mortaio insieme con un uovo per rammorbidirla alquanto. 

Ciò ottenuto, mettetela in una catinella per lavorarla col mestolo, aggiungendo le altre uova uno per volta, montando le chiare. 
Non vi stancate di lavorarla finché non sia ridotta come un unguento; lasciatela in riposo per qualche ora, e quindi mettetela a cucchiaiate (le quali riusciranno dieci o dodici) in una teglia, unta col burro. 
Frullate un rosso d'uovo con un po' di chiara per renderlo più sciolto, dorateli e lisciateli con un pennellino (ma questo supplemento non è necessario), poi metteteli in un forno che sia ben caldo. 
Quando sono cotti fate loro col temperino un'incisione da una parte, o in forma di mezzo cerchio nella parte di sotto, per riempirli di crema o di conserve di frutta, spolverizzateli di zucchero a velo e serviteli.
Vi avverto che quando lavorate paste che devono rigonfiare, il mestolo invece di girarlo in tondo è meglio muoverlo dal sotto in su.

Pasticcini di riso (Artusi n. 630)


Riso, grammi 150.
Zucchero, grammi 70.
Burro, grammi 30.
Candito, grammi 30.
Latte, decilitri 8.
Uova, n. 3
Rhum, cucchiaiate n. 2.
Sale, una presa.

Cuocete moltissimo il riso rimuovendolo spesso col mestolo perché non si attacchi. 

A due terzi di cottura versate lo zucchero, il burro, il sale e il candito tagliato a pezzettini. Quando sarà cotto e diaccio aggiungete il rhum, i rossi d'uovo prima e le chiare montate dopo.
Prendete gli stampini da brioches, ungeteli bene col burro, spolverizzateli di pangrattato, riempiteli e cuoceteli al forno da campagna. 

Sono migliori caldi che diacci.
Con questa dose ne farete 12 o 14.

Pasticcini di semolino (Artusi n. 629)


Semolino, grammi 180.
Zucchero, grammi 100.
Pinoli, grammi 50.
Burro, grammi 20.
Latte, decilitri 8.
Uova, n. 4.
Sale, una presa.
Odore di scorza di limone.

Cuocete il semolino nel latte e quando comincia a stringere versate i pinoli pestati nel mortaio insieme con lo zucchero; poi il burro e il resto, meno le uova, che serberete per ultimo quando il composto sarà diaccio. 

Pel resto regolatevi come i pasticcini di riso del n. 630.
Con questa dose ne farete da 18 a 20.
Prima di servirli spolverizzateli di zucchero a velo.

Pasticcini di marzapane (Artusi n. 628)


Fate una pasta frolla colla ricetta C del n. 589.
Fate un marzapane come quello del n. 579 nelle seguenti proporzioni:

Mandorle dolci con tre amare, sbucciate, grammi 180.
Zucchero, grammi 150.
Burro, grammi 25.
Arancio candito, grammi 25.
Un rosso d'uovo.
Diverse cucchiaiate d'acqua.

Servitevi degli stampini da brioches o alquanto più piccoli, che sarebbe meglio; ungeteli col burro, foderateli di pasta frolla sottile quanto uno scudo, riponeteci il marzapane, ripiegategli sopra i lembi della pasta, bagnate l'orlo coll'acqua, copriteli colla stessa pasta frolla, dorateli alla superficie, cuoceteli in forno o nel forno da campagna e dopo spolverizzateli di zucchero a velo.
Con questa dose potrete farne da 16 a 18.

Amaretti II (Artusi n. 627)


Eccovi un'altra ricetta di amaretti che giudico migliori dei precedenti e di più facile esecuzione.

Zucchero bianco a velo, grammi 300.
Mandorle dolci, grammi 180.
Mandorle amare, grammi 20.
Chiare d'uovo, n. 2.

Le mandorle spellatele e seccatele al sole o al fuoco; poi pestatele fini nel mortaio con una chiara versata in più volte. 

Fatto questo mescolateci la metà dello zucchero, mantrugiando il composto con una mano. 
Dopo versatelo in un vaso e, mantrugiando sempre perché s'incorpori, aggiungete una mezza chiara, poi l'altra metà dello zucchero e appresso l'ultima mezza chiara.
Otterrete, così lavorato, un impasto omogeneo e di giusta consistenza che potrete foggiare a bastone per tagliarlo a pezzetti tutti eguali. 

Prendeteli su a uno a uno con le mani bagnate alquanto per formarne delle pallottole grosse come le noci. 
Stiacciatele alla grossezza di un centimetro e pel resto regolatevi come per i precedenti, ma spolverizzateli leggermente di zucchero a velo prima di metterli in forno a calore ardente, e dico forno perché il forno da campagna non sarebbe al caso per questa pasta. 
Con questa dose otterrete una trentina di amaretti.

Focaccia alla Portoghese (Artusi n. 625)

Questo ve lo do per un dolce assai delicato e gentile.

Mandorle dolci, grammi 150.
Zucchero, grammi 150.
Farina di patate, grammi 50.
Uova, n. 3.
Aranci. n. 1 1/2

Lavorate dapprima i rossi d'uovo collo zucchero, aggiungete la farina, poi le mandorle sbucciate e pestate fini con una cucchiaiata del detto zucchero, e dopo il sugo passato dagli aranci e la buccia superficiale raschiata di un solo arancio. 

Per ultimo unite al composto le chiare montate, versatelo in una scatola di carta unta di burro, alla grossezza di un dito e mezzo e cuocetelo al forno a moderatissimo calore. 
Dopo cotta, copritela di una crosta bianca come al n. 789.

Amaretti I (Artusi n. 626)

Zucchero bianco in polvere, grammi 250.
Mandorle dolci, grammi 100.
Mandorle amare, grammi 50.
Chiare d'uovo, n. 2.

Le mandorle spellatele e seccatele al sole o al fuoco, poi tritatele finissime con la lunetta. Lavorate col mestolo lo zucchero e le chiare per mezz'ora almeno, e aggiungete le mandorle per formarne una pasta soda in modo da farne delle pallottole grosse quanto una piccola noce; se riuscisse troppo morbida aggiungete altro zucchero e se troppo dura un'altra po' di chiara, questa volta montata. 

Se vi piacesse dare agli amaretti un colore tendente al bruno, mescolate nel composto un po' di zucchero bruciato.
Via via che formate le dette pallottole, che stiaccerete alla grossezza di un centimetro, ponetele sopra le ostie, o sopra pezzetti di carta, oppure in una teglia unta col burro e spolverizzata di metà farina e metà zucchero a velo; ma a una discreta distanza l'una dall'altra perché si allargano molto e gonfiano, restando vuote all'interno. 

Cuocetele in forno a moderato calore.

Tortelli di ceci (Artusi n. 624)

Eccovi un piatto che si usa fare in quaresima.

Ceci secchi (dico secchi perché in Toscana si vendono rammolliti nell'acqua del baccalà), grammi 300.

Metteteli in molle la sera nell'acqua fresca e la mattina unite ai medesimi 7 o 8 marroni secchi e poneteli al fuoco con acqua ugualmente fresca entro a una pentola di terra con grammi 3 di carbonato di soda legato in una pezzettina. 

Questo il popolo lo chiama il segreto e serve a facilitare la cottura dei ceci. Invece del carbonato di soda si può usare la rannata. 
La sera avanti mettete i ceci in un vaso qualunque, copritene la bocca con un canovaccio ove abbiate messo una palettata di cenere; fate passare attraverso la medesima dell'acqua bollente fino a che i ceci restino coperti e la mattina, levati dalla rannata, prima di metterli al fuoco lavateli bene coll'acqua fresca. 
Cotti che siano, levateli asciutti e passateli per istaccio caldi, bollenti, insieme coi marroni; e se, nonostante il segreto o la rannata, fossero rimasti duri per la qualità dell'acqua, pestateli nel mortaio. 
Quando li avrete passati, conditeli ed aggraziateli con un pizzico di sale, con sapa nella quantità necessaria a rendere il composto alquanto morbido, mezzo vasetto di mostarda di Savignano, o di quella descritta al n. 788, grammi 40 di candito a piccoli pezzettini, un poco di zucchero, se la sapa non li avesse indolciti abbastanza, e due cucchiaini di cannella pesta.
In difetto di cavalli, si cerca di far trottare gli asini, si va alla busca di compensi; e in questo caso, se vi mancassero la sapa e la mostarda (la migliore al mio gusto è quella di Savignano in Romagna), si supplisce alla prima con grammi 80 di zucchero e alla seconda con grammi 7 di senapa in polvere sciolta nell'acqua calda degli stessi ceci. Ora passiamo alla pasta per chiuderli, in merito alla quale potete servirvi di quella de' Cenci n. 595, metà dose di detta ricetta, oppure della seguente:

Farina, grammi 270.
Burro, grammi 20.
Zucchero, grammi 15.
Uova, n. l.
Vino bianco, o marsala, cucchiaiate n. 3 circa.
Sale, un pizzico.

Tiratene una sfoglia della grossezza di mezzo scudo all'incirca e tagliatela collo stampo rotondo smerlato del n. 614. 

Fate che nei dischi il ripieno abbondi ed avrete, riunendone i lembi, i tortelli in forma di un quarto di luna. 
Friggeteli nel lardo o nell'olio e quando non sono più a bollore spolverizzateli di zucchero a velo.
Colla broda de' ceci potete fare una zuppa o cuocervi, come si usa in Toscana, le strisce di pasta comperata.
Questi tortelli riescono così buoni che nessuno saprà indovinare se sono di ceci.

Cotognata (Artusi n. 623)

Mele cotogne, chilogrammi 3.
Zucchero bianco fine, chilogrammi 2.

Mettete al fuoco le mele coperte d'acqua e quando cominciano a screpolare, levatele, sbucciatele e grattatele alla meglio per levarne tutta la polpa che passerete poi dallo staccio. 

Rimettetela al fuoco collo zucchero e rimestatela sempre onde non si attacchi. 
Sette od otto minuti di bollitura basteranno; ma poi, se presa su col mestolo comincia a cadere a stracci, levatela. 
Se la mettete in vasi potrà servirvi come conserva e fatta in tal modo resterà più bianca di quella che vi descriverò al n. 741, ma con meno fragranza, perché una parte dell'odore particolare a questo frutto si sperde nell'acqua.
Per ridurla a cotognata distendetela sopra un'asse alla grossezza poco più di uno scudo ed asciugatela al sole coperta di un velo perché le mosche e le vespi ne sono ghiottissime. 

Quando è asciutta di sopra tagliatela in forma di tavolette di cioccolata e passandole sotto un coltello per distaccarla dall'asse, rivoltatela dalla parte opposta.
Se poi vi piacesse di darle forme bizzarre procuratevi degli stampini di latta vuoti dalle due parti, riempiteli, lisciateli e distaccando la marmellata dagli orli con delicatezza, ponetela ugualmente sull'asse ed asciugatela nella stessa maniera.
Potete anche crostarla, volendo, e allora mettete a struggere grammi 100 di zucchero bianco con due cucchiaiate d'acqua e quando avrà bollito tanto da fare il filo (presane una goccia fra due dita) spalmate ogni pezzo con un pennello. 

Se lo zucchero vi si rappiglia durante l'operazione (che è bene fare in una giornata non umida) rimettetelo al fuoco con un altro gocciolo d'acqua e fatelo bollire di nuovo. 
Quando lo zucchero è asciutto da una parte e sugli orli, spalmate la parte opposta.

Fave alla Romana o dei Morti (Artusi n. 622)

Queste pastine sogliono farsi per la commemorazione dei morti e tengono luogo della fava baggiana, ossia d'orto, che si usa in questa occasione cotta nell'acqua coll'osso di prosciutto. 
Tale usanza deve avere la sua radice nell'antichità più remota poiché la fava si offeriva alle Parche, a Plutone e a Proserpina ed era celebre per le cerimonie superstiziose nelle quali si usava. 
Gli antichi Egizi si astenevano dal mangiarne, non la seminavano, né la toccavano colle mani, e i loro sacerdoti non osavano fissar lo sguardo sopra questo legume stimandolo cosa immonda. 
Le fave, e soprattutto quelle nere, erano considerate come una funebre offerta, poiché credevasi che in esse si rinchiudessero le anime dei morti, e che fossero somiglianti alle porte dell'inferno.
Nelle feste Lemurali si sputavano fave nere e si percuoteva nel tempo stesso un vaso di rame per cacciar via dalle case le ombre degli antenati, i Lemuri e gli Dei dell'inferno.
Festo pretende che sui fiori di questo legume siavi un segno lugubre e l'uso di offrire le fave ai morti fu una delle ragioni, a quanto si dice, per cui Pitagora ordinò a' suoi discepoli di astenersene; un'altra ragione era per proibir loro di immischiarsi in affari di governo, facendosi con le fave lo scrutinio nelle elezioni.
Varie sono le maniere di fare le fave dolci; v'indicherò le seguenti: le due prime ricette sono da famiglia, la terza è più fine.


PRIMA RICETTA
Farina, grammi 200.
Zucchero, grammi 100.
Mandorle dolci, grammi 100.
Burro, grammi 30.
Uova, n. l.
Odore di scorza di limone, oppure di cannella, o d'acqua di fior d'arancio.

SECONDA RICETTA
Mandorle dolci, grammi 200.
Farina, grammi 100.
Zucchero, grammi 100.
Burro, grammi 30.
Uova, n. l.
Odore, come sopra.

TERZA RICETTA
Mandorle dolci, grammi 200.
Zucchero a velo, grammi 200.
Chiare d'uovo, n. 2.
Odore di scorza di limone o d'altro.

Per le due prime sbucciate le mandorle e pestatele collo zucchero alla grossezza di mezzo chicco di riso. Mettetele in mezzo alla farina insieme cogli altri ingredienti e formatene una pasta alquanto morbida con quel tanto di rosolio o d'acquavite che occorre. 

Poi riducetela a piccole pastine, in forma di una grossa fava, che risulteranno in numero di 60 o 70 per ogni ricetta. 
Disponetele in una teglia di rame unta prima col lardo o col burro e spolverizzata di farina; doratele coll'uovo. 
Cuocetele al forno o al forno da campagna, osservando che, essendo piccole, cuociono presto. 
Per la terza seccate le mandorle al sole o al fuoco e pestatele fini nel mortaio con le chiare d'uovo versate a poco per volta. 
Aggiungete per ultimo lo zucchero e mescolando con una mano impastatele. 
Dopo versate la pasta sulla spianatoia sopra a un velo sottilissimo di farina per poggiarla a guisa di un bastone rotondo, che dividerete in 40 parti o più per dar loro la forma di fave che cuocerete come le antecedenti.

Cialdoni (Artusi n. 621)

Ponete in un pentolo:



Farina, grammi 80.
Zucchero biondo, grammi 30.
Lardo vergine e appena tiepido, grammi 20.
Acqua diaccia, sette cucchiaiate.

Sciogliete prima, coll'acqua, la farina e lo zucchero, poi aggiungete il lardo.
Ponete sopra un fornello ardente il ferro da cialde e quando è ben caldo apritelo e versatevi sopra ogni volta mezza cucchiaiata della detta pastella; stringete le due parti del ferro insieme, passatelo sul fuoco da una parte e dall'altra, levate le sbavature con un coltello ed apritelo quando conoscerete che la cialda ha preso il color nocciola. Allora distaccatela alquanto da una parte col coltello e subito così calda sopra il ferro medesimo o sopra a un canovaccio disteso sul focolare arrotolatela con un bocciolo di canna o semplicemente colle mani. 

Quest'ultima operazione bisogna farla molto svelti perché se la cialda si diaccia non potrete più avvolgerla su sé stessa. 

Se le cialde restassero attaccate al ferro ungetelo a quando a quando col lardo, e se non venissero tutte unite, aggiungete un po' di farina.

Sapete già che i cialdoni si possono servir soli; ma è meglio accompagnarli con la panna o con la crema montata ed anche col latte brûlé o col latte alla portoghese.

Ricciarelli di Siena (Artusi n. 620)

Zucchero bianco fine, grammi 220.
Mandorle dolci, grammi 200.
Dette amare, grammi 20.
Chiare d'uovo, n. 2.
Odore di buccia d'arancio.

Sbucciate le mandorle, asciugatele bene al sole o al fuoco e pestatele finissime nel mortaio con due cucchiaiate del detto zucchero, versato in diverse volte; poi uniteci il resto dello zucchero mescolando bene.
Montate le chiare in un vaso qualunque e versateci le mandorle così preparate e la buccia dell'arancio grattata. 

Mescolate di nuovo con un mestolo e versate il composto sulla spianatoia sopra a un leggero strato di farina per fargliene prendere soltanto quella ben poca quantità che occorre per tirare leggermente col matterello una stiacciata morbida, grossa mezzo dito. 
Allora tagliateli con la forma qui sotto segnata [figura13] e ne otterrete da 16 a 18 per cuocerli nel seguente modo:
Prendete una teglia, fatele uno strato di crusca alto quanto uno scudo e copritelo tutto di cialde per posarvi su i ricciarelli e cuocerli al forno a moderato calore onde restino teneri. in mancanza del forno, che sarebbe il più opportuno, servitevi del forno da campagna.
Dopo cotti tagliate via la cialda che sopravanza agli orli di queste paste, che riescono di qualità fine.