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sabato 30 dicembre 2017

Zuppa di lenticchie speziata

Da: lespezie.net
...una versione diversa per il capodanno e per scaldarci!

Ingredienti per 4 persone- 1 cipolla bianca media
- g. 250 di lenticchie precotte
- 1 fetta di prosciutto cotto alta 1cm
- 16 mazzancolle
- 1/4 di peperone giallo
- 1/4 di peperone rosso
- 1/4 di peperone verde
- Prezzemolo qb
- Brodo vegetale
- Pepe misto
- 1 bustina di zafferano
- Olio extravergine di oliva
- Mezzo cucchiaino di cumino

In una casseruola versate un fondo di olio extravergine d’oliva, versate la cipolla finemente tritata, il cumino, i tre peperoni tagliati a tocchetti piccoli, il prosciutto a dadini e fate saltare soffriggere per circa 5 minuti mescolando di continuo. Aggiungete ora le lenticchie, le mazzancolle tagliate a metà, cuocete per un minuto continuando a mescolare e unite infine lo Zafferano sciolto in un bicchiere di acqua tiepida. Mescolate. Aggiungete circa 400ml di brodo vegetale e cuocete a fiamma media per circa 12 minuti.
Spegnete il fuoco e concludete con una grattugiata di pepe misto e del prezzemolo finemente tritato.
Nota: se usate le lenticchie non precotte, lasciate cuocere per 20' e aggiungete le mazzancolle al termine.

lunedì 30 dicembre 2013

Riti propiziatori a tavola per San Silvestro


In Italia esistono molti rituali propiziatori da fare nella notte di San Silvestro. 
In Sicilia, la sera di capodanno nessun lavoro manuale va iniziato o deve rimanere in sospeso perché si rischia di non terminarlo o di concluderlo malamente. 
Il fuoco è simbolo della luce del sole portatrice di energia e salute, per questo nella notte di San Silvestro s’accendono fuochi. 
In Friuli i ragazzi saltano sui falò, purificatorio rito pagano di origine celtica, propiziatore di virilità e fecondità.
Importante è anche quello che si mangia quella notte; innanzi tutto, occorre mangiare molte lenticchie perché portano soldi. 

In Val d’Aosta, nelle Marche mentre scocca la Mezzanotte è di buon augurio mangiare 12 acini d’uva nera, mentre in Toscana, Umbria e Romagna va bene l’uva di qualunque colore o altra frutta che si sgrana, come il melograno. 
In Abruzzo, a cena, non debbono mancare 7 minestre di 7 legumi diversi, anche loro portatrici di ricchezza.
Altro elemento fondamentale del cenone dovrà essere la frutta secca, simbolo di prosperità: se in Francia la tradizione ne esige 13 tipi diversi, da noi ne bastano 7: noci, nocciole, arachidi, zibibbo, mandorle, fichi, datteri.

Da: Taccuinistorici.it

Riti propiziatori per Capodanno

La superstizione nella civiltà contadina era una forma di interpretazione magica della realtà, che valutava eventi, azioni o fenomeni come rilevanti ed efficaci a modificare negativamente o positivamente il destino. 
La superstizione operava mediante varie forme: analogia, antipatia, coesistenza, contatto, dipendenza, repulsione, somiglianza. 
Genericamente la base interpretativa voleva che tutto quello che era vitale, turgido, pieno, portasse bene; mentre ciò che era mortale, vuoto, cavo, abbandonato, portasse male. 
Tutt'oggi sono presenti diverse superstizioni legate alla tavola. 
D’indiretta matrice religiosa è malaugurante: il sedere a tavola in tredici, perché si ricollega all’ultima cena di Cristo con gli Apostoli, o l’invitare ospiti a pranzo di venerdì, giorno nefasto che coincise con la morte di Gesù. 
Superstizioni di magia simpatica consistono nel credere d’impazzire se si mangia la testa dell’oca, e nel convincimento che posare il pane capovolto sulla mensa, rovesci gli interessi della famiglia. 
Da ragioni d’ordine pratico hanno origine altre superstizioni, come il credere infausto rovesciare l’olio o il sale, con il connesso scongiuro di buttarsi il sale dietro le spalle.
A motivi di buon comportamento si riconduce l’idea che porti male il mescere una bevanda o il porgere un piatto con la mano sinistra. Invece porterebbe bene rovesciare il vino, se poi ciascuno dei commensali v’intinge il dito e si bagna la nuca per essere partecipe di un’immancabile fortuna.
In Italia esistono molti rituali propiziatori da fare nella notte di San Silvestro.
In Sicilia, la sera di capodanno nessun lavoro manuale va iniziato o deve rimanere in sospeso perché si rischia di non terminarlo o di concluderlo malamente. 
Il fuoco è simbolo della luce del sole portatrice di energia e salute, per questo nella notte di San Silvestro s’accendono fuochi. 
In Friuli i ragazzi saltano sui falò, purificatorio rito pagano di origine celtica, propiziatore di virilità e fecondità.
Importante è anche quello che si mangia quella notte; innanzi tutto, occorre mangiare molte lenticchie perché portano soldi. 
In Val d’Aosta, nelle Marche mentre scocca la Mezzanotte è di buon augurio mangiare 12 acini d’uva nera, mentre in Toscana, Umbria e Romagna va bene l’uva di qualunque colore o altra frutta che si sgrana, come il melograno. 
In Abruzzo, a cena, non debbono mancare 7 minestre di 7 legumi diversi, anche loro portatrici di ricchezza.
Altro elemento fondamentale del cenone dovrà essere la frutta secca, simbolo di prosperità: se in Francia la tradizione ne esige 13 tipi diversi, da noi ne bastano 7: noci, nocciole, arachidi, zibibbo, mandorle, fichi, datteri.
Indispensabile ovunque il brindisi con lo spumante o del vino frizzante che, stappato a mezzanotte esatta, faccia il botto: questo rumore, come quello di petardi e similari serve a scacciare gli spiriti malevoli.
Per sapere cosa il nuovo anno porterà in famiglia, in alcune zone della Calabria c'era la bizzarra usanza di far cadere una grossa pietra sul pavimento della cucina: se non procurava alcun danno, era buon auspicio; se scheggiava le mattonelle, prediceva accadimenti sfortunati. 
Usanza tipicamente laziale è quella di lanciare fuori dalla finestra tre grossi vasi di coccio pieni dell’acqua servita in precedenza a lavare pavimenti, insieme a oggetti e panni sporchi e rotti, per gettare fuori casa tutte le magagne e le tristezze dell’anno passato.
Per fare previsioni meteorologiche, i contadini della Sardegna posavano 12 chicchi di grano uno per mese - su un mattone rovente: quelli che bruciavano segnavano bel tempo, quelli che saltavano via indicavano pioggia e vento.
Nella tradizione rurale anche sulle tematiche amorose era possibile fare pronostici: nel Lazio le nubili infilavano in 3 aghi 3 fili diversi: bianco (amore felice), nero (amore infelice) rosso (zitellaggio) - poi ne sceglievano uno a occhi chiusi. 
In Puglia si mettono 2 chicchi di grano in un bicchiere d’acqua: se restano uniti, matrimonio entro l’anno.
Da: Taccuinistorici.it

martedì 5 giugno 2012

Le Religioni in cucina


DIABETE E RELIGIONE

Le religioni in cucina

Uno dei problemi che i dietologi si trovano ad affrontare sempre più frequentemente è rappresentato dalla presenza nei loro ambulatori dipazienti migranti affetti da diabete. Di conseguenza diventa importante conoscere l’alimentazione dei paesi di provenienza e le loro credenze religiose per poter impostare unprogramma dietetico che tenga presente le loro abitudini alimentari.Deve perciò essere conosciuto il credo religioso che spesso impone la limitazione o il divieto di assunzione di alcuni cibi.
Soprattutto in un’epoca di forti emigrazioni, la cucina diventa il modo principale con cui si entra in contatto con la cultura degli altri. Si può, quindi, affermare che l’alimentazione rappresenta uno strumento di primo contatto tra cultura dell’accoglienza e cultura della provenienza.
Uno di questi momenti è rappresentato dal fenomeno dei ristoranti etnici che lentamente, ma inesorabilmente, comincia a manifestarsi nelle nostre città. Sorgono anche negozi dove si possono acquistare alimenti che servono a soddisfare le colonie di persone diversa etnia e, sempre più spesso, la curiosità degli “indigeni”.
L’alimentazione contribuisce a mantenere viva la cultura di un popolo e la religione, a sua volta, orienta le scelte alimentari quotidiane dei fedeli.
Ogni religione ha delle particolarità in riferimento a questo argomento…eccone alcune:
Cristianesimo 
Il “venerdì di magro”, cioè l’astinenza dalla carne, e il digiuno (il mercoledì delle Ceneri e il venerdì Santo) sono gli unici atti di fede o tradizione che ci venivano imposti da bambini, precetti che sono quasi scomparsi.
A differenza di altri fedeli, i cristiani non hanno nessuna difficoltà ad accettare i piatti di culture diverse e possono farlo senza commettere peccato.
Libertà e fantasia in cucina hanno permesso agli italiani di inventare numerosi piatti legati ad alcune feste religiose, natalizie e pasquali, dal panettone milanese alla pastiera napoletana, ai befanotti lucchesi o dedicati a protettori e patroni, come le chiacchiere di sant’Antonio.
Solo il cristiano può mangiare indifferentemente sushi giapponese e carne di maiale, sperimentare cucina messicana e orientale, senza alcun tabù.
Buddismo
E’ la religione della moderazione in qualunque campo della vita, alimentazione compresa. Anche se la regola è l’astinenza dagli animali terrestri, dal pesce e dai formaggi stagionati, al fedele buddista è permessa la carne, in determinate circostanze: in particolare, non bisogna aver partecipato all’uccisione dell’animale.
Induismo 
La colpa più grave consiste nel provocare la morte di un essere vivente, animali compresi, perché sede di un’anima che sta scontando gli sbagli di una vita precedente.
La cucina indiana fa riferimento a testi antichi, comel’Ayurveda, che vieta l’uso contemporaneo di alcuni prodotti: ad esempio, latte e verdure o latte e miele.
Il macellaio è una professione impura, perciò relegata a quegli indù che non appartengono ad alcuna casta, i paria, che possono anche consumare la carne. La dieta vegetariana è riservata alle caste più elevate, come marchio di distinzione sociale. L’induista, poi, rifiuta l’aglio e la cipolla e alcune caste allargano il divieto anche a carote, rape e legumi rossi.
Per le religioni orientali, nel passato il vegetarismo è stata una scelta “conveniente”, per fronteggiare la povertà, visto che una vacca viva fornisce molto più cibo di un macellaio: latte tutti i giorni, burro, formaggi, yogurt.
Da questo deriva l’importanza e l’amore che gli indù riconoscono a questo animale.

Musulmano è colui che si arrende alla volontà di Allah: Islam significa, infatti, sottomissione.
Il rigore alimentare stabilito nel Corano, insieme ad altre proibizioni e all’obbligo della preghiera cinque volte al giorno, insegnano il controllo di se stessi e fanno sentire il fedele partecipe di una comunità.
Il consumo di bevande alcoliche, capaci di eliminare i freni inibitori, alimentare l’odio e la scarsa considerazione per Dio, è un peccato grave come l’omicidio.
Gli animali vanno macellati secondo un preciso rituale: devono essere sgozzati invocando il nome di Dio. Sono proibiti l’asino, gli uccelli rapaci, i rettili, la rana e i pesci privi di scaglie e, naturalmente, il maiale: divieto comune agli ebrei e alle religioni orientali.
Ancora oggi in molti ambienti musulmani la carne di maiale è considerata pericolosa per la salute, perché sede di parassiti. Alcuni studiosi sottolineano il fatto che l’Islam ha avuto origine e si è sviluppato più velocemente nei paesi dove il troppo sole ed il caldo secco rendono troppo costoso l’allevamento del maiale.
Grande importanza ha il mese di digiuno, il Ramadan: nel nono mese del calendario musulmano (basato sui cicli lunari) il musulmano dall’alba al tramonto si astiene dai cibi e dai liquidi. Il mese si chiude con la gran festa di id ad-fitr, la festa della rottura del digiuno.

Ebraismo 
Nutrirsi secondo una dieta all’insegna di numerosi divieti significa appartenere alla comunità.
Mangiare kashrut è una specie di marchio che contraddistingue il popolo ebreo e la sua fede. Nella Bibbia, il Pentateuco proibisce le carni delle bestie che non sono ruminanti e che non hanno lo zoccolo bipartito: sono vietati cammello, cavallo, coniglio e maiale. Ma anche rapaci, granchi, vongole, aragoste ed anguille.
La macellazione deve avvenire secondo un preciso rituale, deve essere veloce ed indolore, preceduto da una benedizione. C’è anche l’astensione da parti precise del corpo dell’animale, rigorose prescrizioni per eliminare ogni traccia di sangue (con la salatura e l’arrosto), il divieto di assumere contemporaneamente carne e latte (quindi niente filetto al burro!), che devono stare in spazi separati anche nel frigo e preparati con utensili differenti.
Proibiti anche i frutti provenienti da innesti e il primo frutto dell’albero, perché a Dio spetta ogni primogenito.
Questi limiti sono stati “tradotti” in modi positivi e diversi a seconda dell’origine:askenazita (gli ebrei del nord Europa) o sefardita (dell’ovest), italiana o nordafricana.
Ad esempio, il cuscus arrivato in Sicilia con l’immigrazione ebrea dal nord Africa, la melanzana degli ebrei sefarditi, i carciofi fritti, il marzapane e il patè di fegato d’oca. La festa più solenne è lo Yom kippur, il giorno dell’espiazione, dieci giorni dopo il capodanno. Alla vigilia bisogna digiunare 24 ore ed è proibito indossare vestiti o accessori in cuoio.
Dr. Francesco Galeone
Direttore UOS Diabetologia e Malattie Metaboliche
Ospedale di Pescia (PT)
 da:Diabete.net

sabato 31 dicembre 2011

Cotechino


Il cotechino è caratteristico dell'Emilia. 
L'impasto è molto simile a quello dello zampone. 
C'è carne suina magra tagliata dalla spalla e dal guanciale, cotenna e lardo tritati, in più sale, salnitro, pepe, noce moscata ed erbe aromatiche.
Si può insaporire, se si preferisce, con aglio oppure con aromi diversi. 
A Cremona, con vaniglia, nelle Marche con pepe garofanato e cannella. L'impasto viene racchiuso in un budello suino o bovino fine ed elastico, fissato poi alle due estremità con dello spago o del refe.


COTTURA DEL COTECHINO NON PRECOTTO: il cotechino va bucato con la forchetta in diversi punti e avvolto in una tela sottile e bianca, di cui legherete le estremità con uno spago. 
Immergetelo in una pentola con l'acqua necessaria a coprirlo completamente. 
Quando l'acqua avrà raggiunto l'ebollizione, abbassate la fiamma e lasciate cuocere lentamente, per almeno un'ora e mezza. 
Terminata la cottura, fate riposare il cotechino per qualche minuto nella sua acqua. 
Gettate il brodo di cottura, sfasciate l'insaccato, tagliatelo a fette non troppo sottili e deponetele su un piatto da portata col contorno che si desidera. 
RICETTA TRADIZIONALE DEL COTECHINO CON LE LENTICCHIE: 
La ricetta seguente è quella classica del cotechino con le lenticchie. 
La ricetta delle lenticchie vale anche per lo zampone. 
Le lenticchie, vanno cotte in acqua salata con il sedano e mezza cipolla. Quando sono cotte vanno sgocciolate. 
Si tolgono gli ortaggi. 
Le lenticchie vanno poi rimesse in una casseruola dove è stato fatto imbiondire l'altra mezza cipolla tagliata a velo. 
Si bagnano con due o tre mestoli d'acqua di cottura del cotechino. 
Si devono far stufare, in modo che assorbano l'acqua e s'insaporiscano. Il cotechino – che sarà stato tenuto in caldo – va disposto sul letto di lenticchie e portato in tavola. 
La tradizione vuole che se questo piatto viene gustato a capodanno si guadagneranno durante il nuovo anno tanti milioni (di euro) per quante lenticchie siamo riusciti mangiare. 
Non esagerate e tanti auguri!

Da: cotechino.it

(Emilia-Romagna)

venerdì 23 settembre 2011

I Zucaren (zuccherini )

                                              
Biscotto romagnolo 
Ingredienti :

  • g. 500 di farina
  • g. 200 di zucchero

  • g. 100 di burro
  • 2 uova
  • buccia di limone grattugiata

Preparazione:
Impastare il tutto e fare delle formine a piacere,
poi sbattere un uovo e con un pennello passarli tutti e mettere le codine (bilini) colorate.


Sono i biscotti della mia infanzia solo in inverno, ricordo mia madre che faceva il burro in casa col latte munto nella stalla e il forno era un edificio staccato da casa.




Per capodanno si andava in giro per le case ad augurare buon anno, 
Nel tempo antico in cui ci stiamo calando,
si augura ai presenti ogni bene per l' anno che va a iniziare , 
per averne in cambio qualche soldino, o un biscotto (i zucaren ):

Bondè, bon an, bòna furtòna par tot l'an....
(Buon giorno, buon anno, buona fortuna per tutto l' anno )

S' usa anche dire :
Bondè, bon an, bòna furtòna int la stala, int è stalet, int la bisaca de' curpet.....
(Buon giorno, buon anno, buona fortuna nella stalla, nel porcile, 
nella tasca del corpetto ''dove si tiene il denaro''),

e a chi non apre la porta per scarso senso di ospitalità, 
si può lanciare qualche malaugurio scherzoso:

bon dè, bon an, ch'uv mura la sumara int e capan.....
(buongiorno, buon anno e che vi muoia la somara nel capanno.....).