Gli altri costituiscono una parte di enorme rilievo del nostro mondo; noi stessi siamo, per molti aspetti, prodotto dell’ambiente sociale in cui viviamo.
Non per nulla già l’antica filosofia greca con Aristotele aveva riassunto queste idee affermando che l’uomo è, per sua natura, un animale sociale.
In effetti, se ci pensiamo, raramente amiamo star da soli; in linea di massima sentiamo il bisogno di appartenere ad un gruppo all’interno del quale, a seconda del grado di intimità delle relazioni instaurate, ci è possibile dare e trovare comprensione e appoggio.
Far parte di un gruppo significa potersi confrontare con gli altri, mettere in gioco le proprie capacità, vedersi attribuire un certo valore, avere la possibilità di esprimere le proprie potenzialità, e quindi poter crescere e realizzarsi.
In questo senso instaurare soddisfacenti relazioni interpersonali contribuisce sicuramente al nostro benessere ed è quindi comprensibile che si cerchi di fare il possibile per mantenerle salde nel tempo.
Tuttavia le relazioni interpersonali, seppur siano cariche di possibilità che ci fanno star bene, a volte sono accompagnate da ombre, cioè da aspetti non immediatamente riconoscibili, che condizionano il nostro agire, la nostra libertà, il nostro stato d’animo e in definitiva il nostro benessere; tra queste ombre è possibile includere quella che Susan Forward , definisce nei termini di ricatto morale.
Il ricatto morale
E’ una potente forma di manipolazione in cui una persona a noi vicina minaccia, in modo diretto o indiretto, di punirci se non facciamo quello che vuole.
In genere questo tipo di ricatto è messo in atto proprio dalle persone che ci sono più vicine e con le quali abbiano strette relazioni:
possono essere genitori, coniugi, figli, amici, datori di lavoro, colleghi; in genere si tratta di persone alle quali teniamo e che vogliono ottenere da noi qualcosa che contrasta o non risponde appieno ai nostri sentimenti, progetti, aspettative.
Nel suo libro Emotional Blackmail (letteralmente ricatto emozionale),
Il senso di colpa, Susan Forward sostiene che comunque venga espresso il ricatto, il messaggio sottostante è chiaro ed è: se non mi darai quello che voglio te la farò pagare. Si tratta sicuramente di un messaggio che intristisce la vita, in quanto sovente genera paura, senso di colpa, ansia e ci spinge a muoverci in una direzione che non è esattamente quella che vorremmo o quella più vicina ai nostri profondi desideri.
Ma come è possibile tutto questo?
In genere il ricattatore è una persona per noi importante, una persona che ci conosce molto bene e sa perfettamente quali sono i nostri punti deboli: in questo senso è facile che, per ottenere ciò che vuole, faccia leva sulla nostra paura di perdere la relazione o di entrare in conflitto, sul nostro senso del dovere, ricordandoci ad esempio quanto ha fatto per noi e quanto noi dovremmo essergli debitori, e infine sull’indurre in noi il senso di colpa, facendoci sentire responsabili per il suo malessere.
Da questo punto di vista è facile capire come sovente la punizione ventilata dal ricattatore consista nella possibilità di compromettere la relazione nella quale siamo impegnati e a cui teniamo, nella possibilità di perdere stima e valore agli occhi della persona che ci è vicina e che in modo velato ci sta ricattando, nel farci sentirci egoisti, malvagi, freddi e indifferenti se non accettiamo di fare quello che ci viene chiesto.
Sebbene non tutti i ricattatori abbiano lo stesso stile è importante sottolineare che lo sfondo comune sul quale si muovono è la paura : paura di perdere la persona a cui tengono, paura del cambiamento, paura di essere respinti, paura di perdere potere all’interno della relazione.
Nello specifico, qual è lo stile dei ricattatori?
In base alle loro modalità d’azione, Forward distingue quattro categorie di ricattatori: punitivi , autopunitivi, vittime e seduttori .
I punitivi
Ci fanno sapere esattamente quello che vogliono e le conseguenze a cui andremo incontro se non saremo accondiscendenti.
Tipiche espressioni di questo tipo di ricattatori sono ad esempio:
Se accetti quel lavoro me ne vado,
Se mi lasci non vedrai più i bambini.
Se non accetti di fare gli straordinari scordati pure la promozione.
Gli autopunitivi
Mettono in atto ricatti più sottili e fanno leva sulla nostra compassione e il nostro sentirci responsabili per loro.
Il loro ricatto si esplica nell’informarci che se non facciamo quello che vogliono ne saranno così turbati da non riuscire più a comportarsi normalmente. In questo senso possono anche minacciare di danneggiare la loro vita, di farsi del male, mettere in pericolo la loro salute e felicità.
Le vittime
Non fanno minacce e neppure minacciano di farsi del male, tuttavia ci tengono a farci sapere in modo inequivocabile che se non facciamo quello che vogliono, loro soffriranno e la colpa sarà solo nostra.
I seduttori
Si tratta del tipo più subdolo di ricattatori: sono quelli che ci incoraggiano, ci promettono amore o denaro o carriera e poi ci chiariscono che, se non ci comportiamo come vogliono loro, non riceveremo nulla.
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In realtà non ci sono confini netti fra i diversi tipi di ricatto e in genere i ricattatori sono molto abili nel mascherare la pressione alla quale ci sottopongono al punto che, quando l’avvertiamo, tendiamo piuttosto a mettere in dubbio la nostra percezione di quello che sta accadendo, piuttosto che il comportamento del nostro avversario.
A questo proposito, spesso esiste addirittura un’enorme differenza tra quello che oggettivamente fa un ricattatore, e il modo benevolo e pieno di tenerezza, con il quale egli interpreta le proprie azioni. In questo senso è quasi inevitabile sentirsi confusi, disorientati, pieni di rabbia; è facile sentirsi a disagio, avere la percezione di dover modificare la situazione nella quale ci si trova e ripromettersi costantemente di farlo, salvo poi cedere al ricatto e sentirsi sempre più spesso usati e defraudati della propria libertà. In questi frangenti, si corre il rischio di avere dubbi sulla propria capacità di fare quello che veramente si vuole e che fa star bene, di perdere fiducia nella propria determinazione e si finisce con il mettere in discussione la propria autostima.
Tuttavia perché un ricatto si verifichi è necessaria la partecipazione di due persone: un ricatto morale non può funzionare senza la partecipazione della vittima , partecipazione che si esplica nel lasciare che il ricatto accada e si ripeta più volte.
Si tratta comunque di una partecipazione più o meno consapevole e in ogni caso sofferta . Infatti a volte non ci si rende conto di essere imbrigliati in questo tipo di dinamica, altre volte si può essere consapevoli del ricatto, ma non riuscire comunque a farvi fronte in quanto tocca i nostri punti deboli e ci costringe a reagire secondo modalità che sono state apprese a partire da esperienze già vissute e che favoriscono il perdurare del ricatto. Alcuni di questi punti deboli sono, ad esempio:
un bisogno eccessivo di approvazione da parte delle persone a cui vogliamo bene che ci spinge a fare quello che ci chiedono seppur sia diverso da quello che effettivamente vorremmo.
il bisogno di mantenere la pace ad ogni costo evitando qualsiasi tipo di conflitto.
la tendenza ad assumersi troppe responsabilità per la vita degli altri che ha sovente per corollario il sentirsi in colpa per qualsiasi cosa minacci il benessere della persona con cui siamo in relazione.
la tentazione di rinunciare al proprio benessere e ai propri desideri pur di non veder soffrire la persona che amiamo; quest’ultima, forse più delle altre, è una dinamica che porta a restare imprigionati nei bisogni psicologici dell’altro perdendo la capacità di analizzare i problemi e la possibilità di capire come risolverli al meglio.
In ogni caso è forse opportuno sottolineare che in genere i ricattatori non sono dei mostri. Sovente infatti il ricatto morale nasce all’interno di una relazione importante ricca di aspetti buoni e positivi e i ricattatori raramente sono spinti dalla cattiveria, il più delle volte, come si è visto, agiscono sull’onda di una profonda paura. In questo senso il ricatto morale diventa il loro modo di difendersi da sentimenti dolorosi e spaventosi. Come si è visto si tratta di una modalità relazionale sicuramente nociva: in primo luogo per la persona ricattata, a lungo andare per la relazione stessa e quindi anche per il ricattatore. Da quanto detto, appare evidente quanto sia importante uscire da questa modalità relazionale.
Come uscirne
Il primo passo è quello di riconoscere cosa sta succedendo e rendersi conto di trovarsi implicati nelle modalità relazionali di un ricatto morale; il secondo passo è dato dal cercare di capire quali sono le profonde motivazioni da cui traggono origine tali modalità e infine è essenziale cercare di correggere i comportamenti che ci fanno star male.
In tale processo è assolutamente essenziale fare chiarezza, quindi definire la propria posizione all’interno della relazione, mettere in luce i sentimenti che si provano, affermare ciò di cui si ha bisogno, indicare ciò che si è o non si è disposti ad accettare, dare la possibilità all’altro di esprimersi allo stesso modo e quindi lasciare all’altro la possibilità di scegliere liberamente ciò che intende fare rispetto al perdurare della relazione stessa, accettando poi le sue decisioni.
Da questo punto di vista è essenziale saper accettare il cambiamento, saper rischiare e tollerare che un comportamento adeguato possa anche avere come risultato immediato, seppur provvisorio, un disagio ancora maggiore rispetto a quello già esperito; tutto questo in vista di un maggior benessere personale e di un miglior funzionamento delle relazioni nelle quali siamo implicati.
Non per nulla già l’antica filosofia greca con Aristotele aveva riassunto queste idee affermando che l’uomo è, per sua natura, un animale sociale.
In effetti, se ci pensiamo, raramente amiamo star da soli; in linea di massima sentiamo il bisogno di appartenere ad un gruppo all’interno del quale, a seconda del grado di intimità delle relazioni instaurate, ci è possibile dare e trovare comprensione e appoggio.
Far parte di un gruppo significa potersi confrontare con gli altri, mettere in gioco le proprie capacità, vedersi attribuire un certo valore, avere la possibilità di esprimere le proprie potenzialità, e quindi poter crescere e realizzarsi.
In questo senso instaurare soddisfacenti relazioni interpersonali contribuisce sicuramente al nostro benessere ed è quindi comprensibile che si cerchi di fare il possibile per mantenerle salde nel tempo.
Tuttavia le relazioni interpersonali, seppur siano cariche di possibilità che ci fanno star bene, a volte sono accompagnate da ombre, cioè da aspetti non immediatamente riconoscibili, che condizionano il nostro agire, la nostra libertà, il nostro stato d’animo e in definitiva il nostro benessere; tra queste ombre è possibile includere quella che Susan Forward , definisce nei termini di ricatto morale.
Il ricatto morale
E’ una potente forma di manipolazione in cui una persona a noi vicina minaccia, in modo diretto o indiretto, di punirci se non facciamo quello che vuole.
In genere questo tipo di ricatto è messo in atto proprio dalle persone che ci sono più vicine e con le quali abbiano strette relazioni:
possono essere genitori, coniugi, figli, amici, datori di lavoro, colleghi; in genere si tratta di persone alle quali teniamo e che vogliono ottenere da noi qualcosa che contrasta o non risponde appieno ai nostri sentimenti, progetti, aspettative.
Nel suo libro Emotional Blackmail (letteralmente ricatto emozionale),
Il senso di colpa, Susan Forward sostiene che comunque venga espresso il ricatto, il messaggio sottostante è chiaro ed è: se non mi darai quello che voglio te la farò pagare. Si tratta sicuramente di un messaggio che intristisce la vita, in quanto sovente genera paura, senso di colpa, ansia e ci spinge a muoverci in una direzione che non è esattamente quella che vorremmo o quella più vicina ai nostri profondi desideri.
Ma come è possibile tutto questo?
In genere il ricattatore è una persona per noi importante, una persona che ci conosce molto bene e sa perfettamente quali sono i nostri punti deboli: in questo senso è facile che, per ottenere ciò che vuole, faccia leva sulla nostra paura di perdere la relazione o di entrare in conflitto, sul nostro senso del dovere, ricordandoci ad esempio quanto ha fatto per noi e quanto noi dovremmo essergli debitori, e infine sull’indurre in noi il senso di colpa, facendoci sentire responsabili per il suo malessere.
Da questo punto di vista è facile capire come sovente la punizione ventilata dal ricattatore consista nella possibilità di compromettere la relazione nella quale siamo impegnati e a cui teniamo, nella possibilità di perdere stima e valore agli occhi della persona che ci è vicina e che in modo velato ci sta ricattando, nel farci sentirci egoisti, malvagi, freddi e indifferenti se non accettiamo di fare quello che ci viene chiesto.
Sebbene non tutti i ricattatori abbiano lo stesso stile è importante sottolineare che lo sfondo comune sul quale si muovono è la paura : paura di perdere la persona a cui tengono, paura del cambiamento, paura di essere respinti, paura di perdere potere all’interno della relazione.
Nello specifico, qual è lo stile dei ricattatori?
In base alle loro modalità d’azione, Forward distingue quattro categorie di ricattatori: punitivi , autopunitivi, vittime e seduttori .
I punitivi
Ci fanno sapere esattamente quello che vogliono e le conseguenze a cui andremo incontro se non saremo accondiscendenti.
Tipiche espressioni di questo tipo di ricattatori sono ad esempio:
Se accetti quel lavoro me ne vado,
Se mi lasci non vedrai più i bambini.
Se non accetti di fare gli straordinari scordati pure la promozione.
Gli autopunitivi
Mettono in atto ricatti più sottili e fanno leva sulla nostra compassione e il nostro sentirci responsabili per loro.
Il loro ricatto si esplica nell’informarci che se non facciamo quello che vogliono ne saranno così turbati da non riuscire più a comportarsi normalmente. In questo senso possono anche minacciare di danneggiare la loro vita, di farsi del male, mettere in pericolo la loro salute e felicità.
Le vittime
Non fanno minacce e neppure minacciano di farsi del male, tuttavia ci tengono a farci sapere in modo inequivocabile che se non facciamo quello che vogliono, loro soffriranno e la colpa sarà solo nostra.
I seduttori
Si tratta del tipo più subdolo di ricattatori: sono quelli che ci incoraggiano, ci promettono amore o denaro o carriera e poi ci chiariscono che, se non ci comportiamo come vogliono loro, non riceveremo nulla.
Pubblicità
In realtà non ci sono confini netti fra i diversi tipi di ricatto e in genere i ricattatori sono molto abili nel mascherare la pressione alla quale ci sottopongono al punto che, quando l’avvertiamo, tendiamo piuttosto a mettere in dubbio la nostra percezione di quello che sta accadendo, piuttosto che il comportamento del nostro avversario.
A questo proposito, spesso esiste addirittura un’enorme differenza tra quello che oggettivamente fa un ricattatore, e il modo benevolo e pieno di tenerezza, con il quale egli interpreta le proprie azioni. In questo senso è quasi inevitabile sentirsi confusi, disorientati, pieni di rabbia; è facile sentirsi a disagio, avere la percezione di dover modificare la situazione nella quale ci si trova e ripromettersi costantemente di farlo, salvo poi cedere al ricatto e sentirsi sempre più spesso usati e defraudati della propria libertà. In questi frangenti, si corre il rischio di avere dubbi sulla propria capacità di fare quello che veramente si vuole e che fa star bene, di perdere fiducia nella propria determinazione e si finisce con il mettere in discussione la propria autostima.
Tuttavia perché un ricatto si verifichi è necessaria la partecipazione di due persone: un ricatto morale non può funzionare senza la partecipazione della vittima , partecipazione che si esplica nel lasciare che il ricatto accada e si ripeta più volte.
Si tratta comunque di una partecipazione più o meno consapevole e in ogni caso sofferta . Infatti a volte non ci si rende conto di essere imbrigliati in questo tipo di dinamica, altre volte si può essere consapevoli del ricatto, ma non riuscire comunque a farvi fronte in quanto tocca i nostri punti deboli e ci costringe a reagire secondo modalità che sono state apprese a partire da esperienze già vissute e che favoriscono il perdurare del ricatto. Alcuni di questi punti deboli sono, ad esempio:
un bisogno eccessivo di approvazione da parte delle persone a cui vogliamo bene che ci spinge a fare quello che ci chiedono seppur sia diverso da quello che effettivamente vorremmo.
il bisogno di mantenere la pace ad ogni costo evitando qualsiasi tipo di conflitto.
la tendenza ad assumersi troppe responsabilità per la vita degli altri che ha sovente per corollario il sentirsi in colpa per qualsiasi cosa minacci il benessere della persona con cui siamo in relazione.
la tentazione di rinunciare al proprio benessere e ai propri desideri pur di non veder soffrire la persona che amiamo; quest’ultima, forse più delle altre, è una dinamica che porta a restare imprigionati nei bisogni psicologici dell’altro perdendo la capacità di analizzare i problemi e la possibilità di capire come risolverli al meglio.
In ogni caso è forse opportuno sottolineare che in genere i ricattatori non sono dei mostri. Sovente infatti il ricatto morale nasce all’interno di una relazione importante ricca di aspetti buoni e positivi e i ricattatori raramente sono spinti dalla cattiveria, il più delle volte, come si è visto, agiscono sull’onda di una profonda paura. In questo senso il ricatto morale diventa il loro modo di difendersi da sentimenti dolorosi e spaventosi. Come si è visto si tratta di una modalità relazionale sicuramente nociva: in primo luogo per la persona ricattata, a lungo andare per la relazione stessa e quindi anche per il ricattatore. Da quanto detto, appare evidente quanto sia importante uscire da questa modalità relazionale.
Come uscirne
Il primo passo è quello di riconoscere cosa sta succedendo e rendersi conto di trovarsi implicati nelle modalità relazionali di un ricatto morale; il secondo passo è dato dal cercare di capire quali sono le profonde motivazioni da cui traggono origine tali modalità e infine è essenziale cercare di correggere i comportamenti che ci fanno star male.
In tale processo è assolutamente essenziale fare chiarezza, quindi definire la propria posizione all’interno della relazione, mettere in luce i sentimenti che si provano, affermare ciò di cui si ha bisogno, indicare ciò che si è o non si è disposti ad accettare, dare la possibilità all’altro di esprimersi allo stesso modo e quindi lasciare all’altro la possibilità di scegliere liberamente ciò che intende fare rispetto al perdurare della relazione stessa, accettando poi le sue decisioni.
Da questo punto di vista è essenziale saper accettare il cambiamento, saper rischiare e tollerare che un comportamento adeguato possa anche avere come risultato immediato, seppur provvisorio, un disagio ancora maggiore rispetto a quello già esperito; tutto questo in vista di un maggior benessere personale e di un miglior funzionamento delle relazioni nelle quali siamo implicati.