Stanotte è magica:
Se fate così San Giovanni vi protegge dal male tutto l’anno.
E se vuoi un bambino….
La notte di S. Giovanni, il 24 giugno appunto, rientra nelle celebrazioni solstiziali;
il nome associatogli deriva dalla religione cristiana, perché secondo il suo calendario liturgico vi si celebra San Giovanni Battista
(come il 27 dicembre S. Giovanni Evangelista).
In questa festa, secondo un’antica credenza il sole (fuoco) si sposa con la luna (acqua):
da qui i riti e gli usi dei falò e della rugiada, presenti nella tradizione contadina e popolare.
Non a caso gli attributi di S. Giovanni sono il fuoco e l’acqua, con cui battezzava.
Nel corso del tempo c’è stato un mischiarsi di tradizioni antiche, pagane, e ritualità cristiana, che dettero origine a credenze e riti in uso ancora oggi e ritrovabili perlopiù nelle aree rurali.
I Fuochi di S. Giovanni
I falò accesi nei campi la notte di S. Giovanni erano considerati oltre che propiziatori anche purificatori e l’usanza di accenderli si riscontra in moltissime regioni europee e persino nell’africa del nord.
I contadini si posizionavano principalmente su dossi o in cima alle colline, e accendevano grandi falò in onore del sole, per propiziarsene la benevolenza e rallentarne idealmente la discesa; spesso con le fiamme di questi falò venivano incendiate ruote di fascine, che venivano fatte precipitare lungo i pendii, accompagnate da grida e canti.
Come già accennato, i falò avevano anche funzione purificatrice: per questo vi si gettavano dentro cose vecchie, o marce, perché il fumo che ne scaturiva tenesse lontani spiriti maligni e… streghe perché si riteneva che e in questa notte le streghe si riunissero e scorrazzassero per le campagne, alla ricerca di erbe. In alcuni casi si bruciava, come per l’epifania, un pupazzo, così da bruciare in effige la malasorte e le avversità. Inoltre si faceva passare il bestiame tra il fumo dei falò, in modo da togliere le malattie e proteggerlo sia da queste sia da chiunque vi potesse gettare fatture e malie.
La raccolta delle erbe.
Le erbe raccolte nella notte di San Giovanni hanno un potere particolare: sono in grado di scacciare ogni malattia e tutte le loro caratteristiche e proprietà sono esaltate e alla massima potenza.
Le erbe più note da raccogliere nella notte del 24 giugno sono: l’iperico, detto anche erba di S. Giovanni; l’artemisia, chiamata anche assenzio volgare e dedicata a Diana-Artemide; la verbena protettiva anch’essa e il ribes rosso che preservava dai malefici.
Ricercati anche vischio, sambuco, aglio, cipolla, lavanda, mentuccia, biancospino, corbezzolo, ruta e rosmarino.
Con alcune delle piante sopra citate era possibile fare “l’acqua di San Giovanni”: si prendevano foglie e fiori di lavanda, iperico, mentuccia, ruta e rosmarino e si mettevano in un bacile colmo d’acqua che veniva lasciato va per tutta la nottata fuori casa.
Alla mattina successiva le donne prendevano quest’acqua e si lavavano per aumentare la bellezza e preservarsi dalle malattie.
Altre erbe, usate nella medesima maniera davano origine ad altri tipi di acqua
di San Giovanni (ci sono delle variazioni tra regione e regione), che servivano comunque sempre contro il malocchio, la malasorte e le malattie, di adulti e bambini.
Altri usi legati alla vegetazione.
Alle prime luci del 24 giugno i contadini che possedevano alberi di noce dovevano andare a legare una corda di spighe di orzo ed avena intrecciate ai tronchi dei loro alberi.
In questo modo avrebbero poi raccolto frutti buoni e abbondanti.
In alcune località si usa fare il nocino, un liquore a base di noci non mature. Raccogliere e portare con se un mazzetto di erba di San Giovanni aiutava a tenere lontani gli spiriti maligni.
Raccogliere 24 spighe di grano e conservarle gelosamente tutto l’anno serviva come amuleto contro le sventure.
Fare un mazzolino di tre spighe di grano marcio o carbone e buttarlo nel fiume liberava dagli animali e dalle piante nocive il grano che si stava per mietere.
L’acqua.
La prima acqua attinta la mattina del 24 manteneva la vista buona.
Recarsi all’alba sulla riva del mare a bagnarsi preservava dai dolori reumatici.
Una leggenda tramanda che vicino al famoso Noce di Benevento, ci fosse un laghetto o un torrente in cui le donne si bagnavano proprio in questa notte, per aumentare la propria fertilità.
Da: Retenews24
Se fate così San Giovanni vi protegge dal male tutto l’anno.
E se vuoi un bambino….
La notte di S. Giovanni, il 24 giugno appunto, rientra nelle celebrazioni solstiziali;
il nome associatogli deriva dalla religione cristiana, perché secondo il suo calendario liturgico vi si celebra San Giovanni Battista
(come il 27 dicembre S. Giovanni Evangelista).
In questa festa, secondo un’antica credenza il sole (fuoco) si sposa con la luna (acqua):
da qui i riti e gli usi dei falò e della rugiada, presenti nella tradizione contadina e popolare.
Non a caso gli attributi di S. Giovanni sono il fuoco e l’acqua, con cui battezzava.
Nel corso del tempo c’è stato un mischiarsi di tradizioni antiche, pagane, e ritualità cristiana, che dettero origine a credenze e riti in uso ancora oggi e ritrovabili perlopiù nelle aree rurali.
I Fuochi di S. Giovanni
I falò accesi nei campi la notte di S. Giovanni erano considerati oltre che propiziatori anche purificatori e l’usanza di accenderli si riscontra in moltissime regioni europee e persino nell’africa del nord.
I contadini si posizionavano principalmente su dossi o in cima alle colline, e accendevano grandi falò in onore del sole, per propiziarsene la benevolenza e rallentarne idealmente la discesa; spesso con le fiamme di questi falò venivano incendiate ruote di fascine, che venivano fatte precipitare lungo i pendii, accompagnate da grida e canti.
Come già accennato, i falò avevano anche funzione purificatrice: per questo vi si gettavano dentro cose vecchie, o marce, perché il fumo che ne scaturiva tenesse lontani spiriti maligni e… streghe perché si riteneva che e in questa notte le streghe si riunissero e scorrazzassero per le campagne, alla ricerca di erbe. In alcuni casi si bruciava, come per l’epifania, un pupazzo, così da bruciare in effige la malasorte e le avversità. Inoltre si faceva passare il bestiame tra il fumo dei falò, in modo da togliere le malattie e proteggerlo sia da queste sia da chiunque vi potesse gettare fatture e malie.
La raccolta delle erbe.
Le erbe raccolte nella notte di San Giovanni hanno un potere particolare: sono in grado di scacciare ogni malattia e tutte le loro caratteristiche e proprietà sono esaltate e alla massima potenza.
Le erbe più note da raccogliere nella notte del 24 giugno sono: l’iperico, detto anche erba di S. Giovanni; l’artemisia, chiamata anche assenzio volgare e dedicata a Diana-Artemide; la verbena protettiva anch’essa e il ribes rosso che preservava dai malefici.
Ricercati anche vischio, sambuco, aglio, cipolla, lavanda, mentuccia, biancospino, corbezzolo, ruta e rosmarino.
Con alcune delle piante sopra citate era possibile fare “l’acqua di San Giovanni”: si prendevano foglie e fiori di lavanda, iperico, mentuccia, ruta e rosmarino e si mettevano in un bacile colmo d’acqua che veniva lasciato va per tutta la nottata fuori casa.
Alla mattina successiva le donne prendevano quest’acqua e si lavavano per aumentare la bellezza e preservarsi dalle malattie.
Altre erbe, usate nella medesima maniera davano origine ad altri tipi di acqua
di San Giovanni (ci sono delle variazioni tra regione e regione), che servivano comunque sempre contro il malocchio, la malasorte e le malattie, di adulti e bambini.
Altri usi legati alla vegetazione.
Alle prime luci del 24 giugno i contadini che possedevano alberi di noce dovevano andare a legare una corda di spighe di orzo ed avena intrecciate ai tronchi dei loro alberi.
In questo modo avrebbero poi raccolto frutti buoni e abbondanti.
In alcune località si usa fare il nocino, un liquore a base di noci non mature. Raccogliere e portare con se un mazzetto di erba di San Giovanni aiutava a tenere lontani gli spiriti maligni.
Raccogliere 24 spighe di grano e conservarle gelosamente tutto l’anno serviva come amuleto contro le sventure.
Fare un mazzolino di tre spighe di grano marcio o carbone e buttarlo nel fiume liberava dagli animali e dalle piante nocive il grano che si stava per mietere.
L’acqua.
La prima acqua attinta la mattina del 24 manteneva la vista buona.
Recarsi all’alba sulla riva del mare a bagnarsi preservava dai dolori reumatici.
Una leggenda tramanda che vicino al famoso Noce di Benevento, ci fosse un laghetto o un torrente in cui le donne si bagnavano proprio in questa notte, per aumentare la propria fertilità.
Da: Retenews24