Testo a cura di Anna Martano QUESTORE AIGS Siracusa.
Quadro direttivo presso un’ importante banca.
Ama la scrittura, la cucina e la pasticceria. Pubblicista, cura sul settimanale siracusano “Cammino” la rubrica “Saperi e sapori di Sicilia”.
Con le ricette tradizionali racconta il territorio, la storia, le usanze,
il sentimento religioso e la letteratura della sua amatissima terra.
Quadro direttivo presso un’ importante banca.
Ama la scrittura, la cucina e la pasticceria. Pubblicista, cura sul settimanale siracusano “Cammino” la rubrica “Saperi e sapori di Sicilia”.
Con le ricette tradizionali racconta il territorio, la storia, le usanze,
il sentimento religioso e la letteratura della sua amatissima terra.
Gli antichi romani usavano cuocere la farina, di grano o altri cereali o di legumi, per preparare minestre con verdure o carne, chiamate puls, donde polenta. Quest’uso fu trasferito in Sicilia tanto che, nella nostra cucina storica, soprattutto di espressione popolare, sopravvivono tutt’ora farinate e polente in varie versioni spesso chiamate arriminàta o frascàtula il cui termine deriva dal francese “flasque” (molle). La versione più semplice si ottiene facendo scendere a pioggia della farina di semola di grano duro in acqua bollente; la si lascia cuocere, mescolando di continuo, per una decina di minuti sino ad ottenere la densità desiderata; quando la si cuoce sino a farne una polenta, se ne ricavano delle fette da friggere successivamente.
Un’altra versione prevede di cuocere la semola nell’acqua di cottura di un mazzo di finocchietti selvatici, aggiungendo gli stessi tagliati in piccoli pezzi e insaporendo con olio evo a cottura ultimata.
Nella versione modicana è una polentina di semola condita con olio, sale, pepe e pecorino. Le interpretazioni più ricche sono quelle della provincia di Enna.
Un’altra versione prevede di cuocere la semola nell’acqua di cottura di un mazzo di finocchietti selvatici, aggiungendo gli stessi tagliati in piccoli pezzi e insaporendo con olio evo a cottura ultimata.
Nella versione modicana è una polentina di semola condita con olio, sale, pepe e pecorino. Le interpretazioni più ricche sono quelle della provincia di Enna.
Ricetta frascàtula ennìsi
Fate lessare circa 800 gr di broccoli già nettati; preparate un soffritto con olio, aglio, peperoncino e pezzettini di lardo o pancetta; aggiungete i broccoletti e lasciate insaporire. Unite il soffritto all’acqua di cottura dei broccoli e, quando bollirà, versatevi, a pioggia,
150 gr di semola e fate cuocere, mescolando sempre, per una decina di minuti;
al piatto unite un filo d’olio in crudo.
150 gr di semola e fate cuocere, mescolando sempre, per una decina di minuti;
al piatto unite un filo d’olio in crudo.
Esiste anche una frascàtula di verdure, ottenuta cuocendo 1 kg di patate, finocchietti e broccoli (in parti uguali) in due lt d’acqua, rimestando sino ad ottenere una polenta consistente; versate su un largo tagliere o sul piatto da portata e lasciate raffreddare. Tagliate a fette spesse e friggetele in olio bollente; servitele nappate con salsa di pomodoro ben calda.
La Signora Mariella di Pietraperzia, mi ha fatto, gentilmente, conoscere ed assaggiare anche la versione del suo paese; la semola va preventivamente incocciata; si usano verdure selvatiche miste (borraggine, finocchietto, bietole, cicoria, asparagi ed altro secondo ciò che si raccoglie), che sminuzzerete finemente; soffriggetele poi in olio con uno spicchio d’aglio ed aggiungete acqua calda e fate cuocere sino a che le verdure si disfino nell’acqua; a questo punto unite la semola e lasciate cuocere sino ad ottenere una minestra piuttosto densa, profumata e saporita; regolate di sale e pepe e servite.
Accompagnate con Nerello Mascalese, dal colore rosso con sfumature violacee,
profumato di frutta e fiori, molto fine al palato e leggermente amaro nel finale.
profumato di frutta e fiori, molto fine al palato e leggermente amaro nel finale.
Da: Taccuini storici
(Sicilia)
(Sicilia)