E' l'indispensabile conclusione di ogni pranzo valligiano.
Viene servito caldissimo, in una coppa di legno a più beccucci,
che molti chiamano erroneamente ''grolla''.
La vera grolla valdostana è invece un boccale di fattura originale variamente lavorato.
Il nome per inciso, deriverebbe dal Graal, il calice usato da Gesù nell'ultima Cena e nel quale Giuseppe D'Arimatea avrebbe raccolto il sangue del Redentore.
Il recipiente del caffè valdostano invece è basso e panciuto, i beccucci possono essere quattro, sei, otto o anche di più, secondo le dimensioni.
Lo si riempe di caffè bollente, si aggiungono la buccia del limone, una generosa quantità di grappa e gli si da fuoco.
Mentre arde, attraverso l'apertura centrale si fa scivolare lo zucchero predisposto sul bordo.
A conclusione del rito si beve, a turno, ciascuno da un beccuccio la bevanda, caldissima e gradevolmente forte.
(Valle d'Aosta)
che molti chiamano erroneamente ''grolla''.
La vera grolla valdostana è invece un boccale di fattura originale variamente lavorato.
Il nome per inciso, deriverebbe dal Graal, il calice usato da Gesù nell'ultima Cena e nel quale Giuseppe D'Arimatea avrebbe raccolto il sangue del Redentore.
Il recipiente del caffè valdostano invece è basso e panciuto, i beccucci possono essere quattro, sei, otto o anche di più, secondo le dimensioni.
Lo si riempe di caffè bollente, si aggiungono la buccia del limone, una generosa quantità di grappa e gli si da fuoco.
Mentre arde, attraverso l'apertura centrale si fa scivolare lo zucchero predisposto sul bordo.
A conclusione del rito si beve, a turno, ciascuno da un beccuccio la bevanda, caldissima e gradevolmente forte.
(Valle d'Aosta)