La ricetta può ricordare
il tradizionale savor romagnolo, nel quale possono entrare in gioco frutta secca, frutta tradizionale di collina e di zone campagnole precollinari, frutta candita, vari ingredienti della mensa contadina e altre a piacere. Con i più svariati frutti dimenticati il savor diviene più peculiare e non privo di rilevanti suggestioni gustative e olfattive. Ad esempio si può ricorrere alle pere volpine, alle meline selvatiche, corniole, succo di melagrana, cotogne, prugnoli, sorbe e altri frutti disponibili. Si predispongono i frutti in varia pezzatura, maturi e non, preferibilmente acerbi, lavati, ripuliti, sbucciati, affettati o spezzettati. Ma le colline della Valle del Senio offrono anche altro: frutta secca (per il savor occorre spellarla e tritarla) come noci, nocciole, mandorle; ma anche pomodori verdi, zucca (da predisporre a tocchetti), canditi di melone; uvetta passita, albicocche essiccate al sole; fichi secchi sminuzzati; mele essiccate a fettine; altra frutta fresca a piacere, eventualmente zucchero (ma va ricordato che nelle preparazioni di un tempo non era disponibile, ad eccezione delle poche famiglie benestanti con cuoca a tempo pieno). La preparazione tradizionale del savor prevede il ricorso all'uva di collina, più ricca di zuccheri (ad esempio l'albana) e più pregiata, pigiata e ammostata, filtrata e utilizzata senza attese né fermentazioni, lungamente cotta nel paiolo di rame, fino al restringimento della metà (ma anche più) del mosto iniziale. Al posto del paiolo si può utilizzare una capiente e robusta pentola. E' giunto quindi il momento in cui si immettono gli ingredienti disponibili prescelti e predisposti con cura, tipici della fine estate e dell'autunno, sintesi di varie raccolte e di lunga preparazione. La cottura proseguirà, con i nuovi ingredienti, per altre 4-5 ore, attenta e lenta, mescolando frequentemente con il lungo mestolone di legno, in modo che il savor non si attacchi al fondo del paiolo per quindi evitare prevaricanti e sgradevoli odori-sapori di fumo e di bruciato, mantenendo la frutta costantemente al di sotto del livello del mosto, fino ad ottenere un savor denso e ancora liquido, in giuste ed equilibrate parti. Una volta raffreddato, il savor è ottimo per accompagnare bolliti, arrosti suini, ma non solo. Ad esempio si può proporre in abbinamento con salsiccia mista e bianca (di carni bovine e suine; sconsigliabili quelle ovine perché troppo invadenti), che si rosola in padella con poco burro. Verso fine cottura alla salsiccia si aggiunge un po' di savor unitamente a poco vino bianco secco (che si lascia sfumare) e si restringe. In questo modo la salsiccia assume un sapore particolare e gradevole. Il savor può altresì essere consumato alla stregua di qualsiasi composta di frutta o confettura, dall'autunno inoltrato, attraverso le feste di fine anno sino a Carnevale, per preparare dolci casalinghi, crostate, tortelli ripieni. Per consuetudine il savor era (e può esserlo ancora amico lettore!) il raro e nutriente (per zuccheri, vitamine, sali minerali estremamente piacevoli) protagonista di merende, colazioni, spuntini, dopocena, dessert in genere, nei trebbi invernali, con pane montanaro abbrustolito, piadina calda ed espressa, polenta abbrustolita a fette; nelle feste e sagre paesane; d'inverno al posto della frutta; con formaggi freschi tipo squacquerone e raviggiolo (ma anche la moderna e diffusa casatella), o formaggi più saporiti e stagionati come il formaggio di fossa ed i pecorini in genere. In molti casi il savor rappresenta una proposta accattivante e densa di significati! Di Tarcisio Raccagni ''Gigiolè'' Foto: Piccolo vulcano nella vallata del Montone |