sabato 7 settembre 2013

Sardine alimento di pescatori e re

Testo di Giovanni Fancello
Esperto e docente di storia della gastronomia sarda. 
Autore di numerosissime pubblicazioni, fra le quali citiamo: 

Sabores de Mejlogu, Sardegna a tavola, Il pesce povero, Le erbe selvatiche, 
Le spezie. 
Collabora alle pagine gastronomiche delle più importanti testate giornalistiche sarde. 
Vincitore del concorso internazionale  “Premio Marietta” di Pellegrino Artusi.

E’ uno dei più comuni pesci azzurri che fa parte dello stesso gruppo delle acciughe. 
Alcuni studiosi attribuiscono ad Aristotele il racconto secondo il quale i Sardi, 
abitanti dell’isola di Sardegna, commercializzavano il tutto il mondo un tipo di pesce salato che da essi prendeva il nome. 
Ancora oggi il nome internazionale che si da a questo pesce in tutte le lingue è: sardina in italiano e spagnolo, sardin in tedesco, sardine in inglese e francese, sardiner in svedese, shardinah in arabo, sarda in greco, sardin in basco. 
Sarda identifica la preparazione fresca, mentre sardina indica soprattutto il pesce conservato sott’olio d’oliva, ritenuto una vera prelibatezza gastronomica. 
Alexandre Dumas così ne scrive:
“…la sua pesca era per gli abitanti della coste della Bretagna fin dal ‘600 una fonte di ricchezza. Molto abbondante anche nel Mediterraneo e soprattutto nei dintorni della Sardegna, a cui si deve il suo nome di derivazione latina… 
C’è chi sostiene che le sardine amino il suono degli strumenti e mettano la testa fuori dall’acqua per ascoltarli”. 
Il Re francese Enrico IV, che apprezzava i bocconi fini, sembra avesse una predilezione particolare per le sardine fresche, arrivando dopo l’abiura a farne la sua l’abituale colazione nei giorni di digiuno.
La sardina viene considerata ingiustamente un pesce “grasso” ma il suo  “grasso” è  un nutrimento di primissima qualità per la salute dell’uomo. 
Viene pescata tutto l’anno con maggiore intensità tra il mese di marzo e settembre. 
Deve essere sempre acquistata freschissima perché è un pesce facilmente deperibile. Quando la si acquista, ci si deve sincerare che si presenti dalla carne soda, 
dai colori chiari, coda eretta e occhio vivo. 
I quantitativi  da acquistare per persona mediamente sono di  200/250 g. 
Le cotture devono essere brevi onde non alterare i genuini sapori. 
La sua piacevole bontà si esprime particolarmente quando la si cucina: 
alla griglia, impanata e fritta, ripiena, marinata agli agrumi, sotto sale, 
in salamoia e in tante altre maniere. 
Per prepararla in modo raffinato è sempre bene spinarla, 
si piega la testa dal dorso verso il ventre e si decapita;  
con il pollice e l’indice si eliminano le interiora  e successivamente, 
con le stesse dita,  la spina centrale.   
Da: Taccuini storici